Una voragine silenziosa rischia di minare le certezze di milioni di pensionati e pensionandi: ecco la verità sdui conti dell’INPS.
C’è un numero che, silenziosamente, potrebbe riscrivere il destino di milioni di pensionati: 6,6 miliardi di euro. È questo il “buco” che l’INPS dovrà colmare nei prossimi anni per garantire le prestazioni previdenziali anche a fronte di contributi che non sono mai arrivati. Un buco che non nasce oggi, ma è il risultato di scelte politiche e contabili che, tra il 2018 e il 2022, hanno cancellato crediti contributivi per ben 16,4 miliardi di euro. Decisioni che oggi si presentano al conto, salato, da pagare.
A lanciare l’allarme è stato il Consiglio di indirizzo e vigilanza dell’INPS (Civ), che ha stimato in 6,6 miliardi gli oneri aggiuntivi derivanti dalle operazioni di “saldo e stralcio”. In pratica, lo Stato ha deciso di chiudere un occhio – anzi due – su contributi mai versati dalle imprese, scaricandone poi il peso su un sistema previdenziale già sotto pressione. E ora? La bomba a orologeria è innescata.
Il problema è che, per legge, le prestazioni previdenziali devono essere garantite anche in assenza dei contributi previsti. Tradotto: l’INPS dovrà comunque erogare pensioni, anche se i fondi per farlo non ci sono. E dove prenderli? Dalla fiscalità generale, cioè dalle tasche dei contribuenti. Ma con un bilancio statale già sotto stress e una spesa pubblica in costante aumento, trovare le risorse necessarie non sarà semplice.
Non solo. A essere colpite non sono soltanto le gestioni dei lavoratori dipendenti, ma anche quelle degli artigiani e dei commercianti, dove a peggiorare la situazione ci ha pensato anche la scarsa comunicazione tra INPS e Camere di commercio. Risultato? Centinaia di milioni di euro andati in fumo per “ritardate comunicazioni di cessazione attività”. A peggiorare ulteriormente il quadro, il riaccertamento dei conti INPS al 31 dicembre 2023 ha portato a una revisione negativa di altri 13,7 miliardi di euro, anche se – almeno su questo fronte – non ci sarebbero ricadute dirette sul patrimonio dell’ente.
Il punto è che il sistema, già fragile, non può permettersi altre falle. E ogni nuovo buco non è solo un dato contabile: è un colpo inferto alla fiducia dei cittadini verso un sistema che dovrebbe garantire sicurezza e stabilità. Oggi più che mai, il rischio è che a pagare siano proprio i pensionati, cioè coloro che per una vita intera hanno versato i contributi, confidando che un giorno, da quel patto, sarebbero nati diritti certi.