La banca è legittimata a rifiutare l’apertura del conto corrente al sussistere di determinate condizioni. Vediamo quali.
Quello che molti pensano essere un diritto – aprire un conto corrente – in realtà è soggetto alla valutazione dell’istituto di credito. La normativa mette in chiaro alcune indicazioni generali che è sempre bene conoscere.

Quale adulto oggi non ha un conto corrente? Tra i requisiti per ottenere una borsa di studio universitaria c’è possedere un conto a proprio nome tant’è che molti diciannovenni ne diventano titolari pur avendo pochi risparmi a disposizione. Per chi lavora, poi, è indispensabile al fine di gestire in modo oculato i soldi e per ricevere lo stipendio ogni mese. I pensionati, invece, ci ricevono la pensione.
Con l’evoluzione tecnologica e l’introduzione dell’home banking si può gestire il conto direttamente dal computer o dallo smartphone effettuando bonifici, pagando le bollette, investendo risparmi in pochi click. Tante persone aprono, poi, direttamente un conto corrente online per risparmiare sul canone e per praticità. Il dubbio è se la banca può rifiutare l’apertura del conto ad un potenziale cliente. Per rispondere ricordiamo innanzitutto che in Italia gli istituti di credito operano come imprese private e dunque potendo contare sulla libertà contrattuale.
Quando arriva il “no” della banca
Per la Legge la banca è libera di non accettare un cliente. Non vige un diritto per il cittadino ad aprire un conto corrente. Detto questo è bene ampliare l’argomento perché l’Italia deve recepire anche le direttive europee. Queste prevedono che gli istituti forniscano un conto base ai consumatori che è molto simile ad un diritto.

Ma in quali casi la banca rifiuta l’apertura del conto? Naturalmente l’antipatia o altri motivi discriminatori non sono considerati legittimi. Servono motivazioni oggettive e legittime come non fornire documenti d’identità validi o completi oppure non superare le verifiche delle procedure KYC per la normativa anti-riciclaggio. Il “no” potrebbe essere legato anche a sospetti della banca sull’utilizzo del conto per svolgere attività illecite.
Se il cliente dovesse risultare segnalato in altre banche per fallimenti e protesti o dovesse avere un rischio creditizio troppo alto allora l’istituto potrebbe non approvare l’apertura del conto così come nel caso in cui il cittadino fornisse informazioni errate o incomplete. Infine, è motivo di diniego anche un profilo del cliente non corrispondente alla policy commerciale o di rischio della banca.
L’istituto non deve necessariamente comunicare al richiedente la motivazione alla base del rifiuto sempre per il principio di libertà contrattuale. Il cliente respinto, però, qualora ritenga che il “no” sia illegittimo può presentare un reclamo formale alla banca o un ricorso all’ABF se l’istituto non risponde al reclamo o non fornisce spiegazioni convincenti. Per sospetta discriminazione, invece, bisogna rivolgersi all’UNAR. Come ultima spiaggia c’è l’avvocato ma forse si farebbe prima a chiedere ad un altro istituto di credito.