Il tema “pensione” è delicato, richiede tante considerazioni ma c’è una certezza. Gli importi spesso sono troppo bassi per una vita di qualità,
Andare in pensione dovrebbe essere un momento di leggerezza e gioia ma per molte persone può rivelarsi la scelta sbagliata soprattutto se si decide di optare per uno scivolo di pensionamento anticipato.

Tanti lavoratori sognano ad occhi aperti il momento del pensionamento. Immaginano di non essere più svegliati dalla sveglia al mattino e di poter pianificare la giornata dedicandosi alle proprie passioni e ai familiari. Niente impegni inderogabili, preoccupazioni e colleghi/capi con cui doversi rapportare ogni giorno. Insomma, con la pensione si riprende in mano la propria vita, si potrà viaggiare e riposarsi. Da qui il desiderio di anticipare il più possibile il momento del pensionamento.
Il sistema previdenziale italiano lo prevede, ci sono diversi scivoli che consentono l’uscita a 60, 62, 64 anni ossia prima di raggiungere il requisito anagrafico della pensione di vecchiaia (67 anni di età). Naturalmente bisognerà soddisfare il requisito contributivo e altre condizioni e il gioco è fatto. Addio lavoro e benvenuta pensione. Questa felicità è concessa a tutti? Purtroppo no perché il problema delle pensioni dagli importi insufficienti è reale in Italia. E scegliendo uno scivolo che anticipa l’uscita dal mondo del lavoro l’importo sarà ancora più basso.
Come aumentare la pensione lasciando il lavoro a 62, 63 o 64 anni
Bisogna valutare attentamente l’uscita anticipata dal mondo del lavoro. Ci saranno, infatti, ripercussioni sull’importo della pensione a causa del calcolo contributivo che tiene conto degli anni di contributi maturati e applica il coefficiente di trasformazione, più svantaggioso minore è l’età di pensionamento. In più alcune misure prevedono penalizzazioni per chi va in pensione in anticipo e calcoli meno favorevoli.

Chi sceglie di andare in pensione a 62, 63 o 64 anni, dunque, dovrà accettare un importo del trattamento inferiore a quanto prenderebbe attendendo i 67 anni ma potrebbe cambiare la sua situazione proprio allo spegnimento delle 67 candeline. Raggiunto questo traguardo, infatti, si può chiedere una pensione più alta all’INPS. Capita con l’APE Sociale, l’indennità che accompagna fino alla pensione di vecchiaia.
Dedicata ai caregiver, invalidi, disoccupati e addetti alle mansioni gravose consente l’uscita dal mondo del lavoro a 63 anni e cinque mesi con 30 o 36 anni di contributi. Prevede, però, che l’assegno non superi i 1.500 euro e non eroga tredicesima. Questo fino ai 67 anni di età, quando si potrà chiedere il ricalcolo della pensione e si potrà ottenere la tredicesima mensilità.
Hanno l’opportunità di alzare la pensione anche coloro che sono andati in pensione a 64 anni di età con la pensione anticipata ordinaria (42 anni e dieci mesi di contributi, un anno in meno per le donne) escludendo i contributi “dannosi” ossia quelli che sono necessari per raggiungere la pensione ma nel calcolo influiscono negativamente. Ora la Corte di Cassazione in una sentenza ha dato la possibilità di sterilizzare i contributi meno convenienti e chiedere il ricalcolo raggiunti i 67 anni di età.